Mentre le pacche sulle spalle dei lavoratori si sprecano per l’alto ruolo sociale rivestito nel welfare del Paese anche durante la pandemia, da oltre un anno la disposizione attuativa della legge di bilancio del 2020 che aprirebbe a gran parte dei lavoratori dell’Istituto la possibilità di aderire al Fondo delle prestazioni creditizie e sociali al pari dei lavoratori ex INPDAP giace in qualche cassetto in attesa di una firma che si dà per apposta.

E non si tratta di una questione da poco perché, da anni, i lavoratori dell’Istituto sono divisi tra quelli che possono partecipare ai bandi per le prestazioni e “quelli che no”, a prescindere dal fatto che lavorano tutti per lo stesso Ente.

Questo problema deve essere sfuggito oggi nella

Da un po’ di tempo arrivano sollecitazioni a sottoscrivere petizioni, più o meno articolate, finalizzate ad eliminare questa o quella parte della famigerata “Legge Brunetta”. 

La UIL, già nel 2012, raccolse più di 50.000 firme per la presentazione di una Proposta di Legge di Iniziativa Popolare per modificare il Decreto Legislativo 165/2001, la Legge 15/2009, nonché altre disposizioni per l’armonizzazione tra impiego pubblico e privato. Le nostre proposte si possono leggere qui.

La nostra proposta di legge di iniziativa popolare, dopo la verifica della correttezza delle firme e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è stata vagliata dalla Commissione Affari Costituzionali ed assegnata alla

“L’impegno dell’Istituto e di tutti i suoi dipendenti al servizio del Paese è stato e continua ad essere costante, con spirito di sacrificio e senza orari, per far fronte a una mole di lavoro senza precedenti ma soprattutto per gestire le importanti azioni di supporto economico attivate dal Governo per cittadini e imprese in questa difficile fase della storia della Repubblica”.

È il testo del comunicato stampa dell’Istituto che, finalmente, difende i propri dipendenti dalle solite accuse di “fannullonismo” lanciate da politici e giornalisti ignoranti se non faziosi.

È anche la certificazione del fatto che i dipendenti sono produttivi a prescindere dalla modalità con la quale lavorano e, soprattutto, che lavorano ad ogni

Come più volte richiesto fin dalla definizione dei protocolli per il contrasto del contagio da COVID-19, finalmente l’amministrazione ha fatto un piccolo passo verso la messa a disposizione del personale dei test antigenici mini invasivi disponibili. Infatti, con il messaggio Hermes 3680 emesso in data odierna, il datore di lavoro della Direzione Generale, nel rispetto del diritto alla privacy dei dipendenti e secondo le prescrizioni del medico competente nell’ambito della sorveglianza sanitaria attiverà la somministrazione dei test tramite l’affidamento del servizio, presumibilmente, alla società che eroga attualmente il pronto intervento medico.

Lo screening dei lavoratori che, in alcuni casi potrebbe essere anche ripetuta

Per la nona settimana consecutiva il COVID-19 continua la sua lenta ma costante crescita. Rispetto al lock-down, i focolai sono ampiamente distribuiti sul territorio nazionale e, sebbene la crescita non sia esplosiva, gli ospedali cominciano a riscontrare le prime difficoltà, come testimoniano i casi di decesso avvenuto in attesa di posti disponibili nelle rianimazioni di prossimità.

A prescindere dalle nostre ormai note posizioni rispetto al protocollo della salute e sicurezza del 3 giugno

Non è una novità che gli oltre duemila focolai attivi nel nostro Paese stanno portando la pandemia vicino a ognuno di noi, così come l’incremento dei casi più gravi sanciti dai ricoveri e dal lento crescere dei decessi stanno portando le regioni ad incrementare le misure di contrasto confermando che è necessario mantenere il distanziamento sociale e l’uso più accorto dei dispositivi di prevenzione individuale. E così, mentre la curva dei contagi da COVID-19 continua a crescere ed i media