Nello stile dei bollettini a cui la pandemia ci ha abituato, vorremmo dire che in oltre 35.000 furono coinvolte, 4635 arrestate, torturate e condannate, 2750 deportate, 1859 vittime di violenza, 623 vennero uccise.
Questi sono i numeri della Resistenza partigiana al femminile, delle donne contagiate dal “virus benefico della democrazia” che portò alla Liberazione festeggiata oggi, purtroppo, solo virtualmente.
Donne che, nel ricordo e nella narrazione sono sempre un passo dietro i partigiani, quasi fossero spinte soltanto da ideali materni. Ma così non fu e, per tutte, vogliamo ricordare Gina Galeotti Bianchi, fucilata a 32 anni, incinta di otto
mesi mentre pedalando portava a Niguarda l'ordine di insurrezione.
E furono le donne che aiutarono a distribuire “Il Ribelle” un foglio di collegamento e di sensibilizzazione finalizzato a diffondere gli ideali della Resistenza fondato da Teresio Olivelli, “ribelle per amore”, beatificato nel 2018 per aver resistito con fede, fortezza e carità alla repressione nazista, difendendo la dignità e la libertà di tanti fratelli sventurati come lui e aver donato la vita per la difesa dei più deboli.
L’attualità del suo messaggio è proprio nella ribellione a qualsiasi forma di costrizione, di limitazione della libertà e di razzismo che, pericolosamente, si aggira anche in questi tempi:
“Per me resistere è una rivolta morale, diretta a suscitare nelle coscienze il senso della dignità umana e il gusto della libertà personale e a promuovere un ordine di valori sui quali primeggia la carità cristiana, volta a costruire la civiltà
dell’amore contrapposta a quella dell’odio propugnata dai nazifascisti"