Qualche giorno fa si era scritto che, a prescindere dalle convinzioni religiose, non si poteva che essere d’accordo con le riflessioni sul lavoro del Santo Padre in merito a stabilità, dignità e sicurezza.

Il primo maggio, il Presidente della Repubblica Mattarella si è recato a deporre una corona di fiori al monumento dedicato alle vittime sul lavoro in piazzale Giulio Pastore, davanti alla sede dell'INAIL di Roma ed ha pronunciato un discorso che rafforza quanto si diceva, del quale si sottolineano alcuni passaggi:

“La festa del Primo maggio è una festa della Repubblica e della Costituzione, che indica nel lavoro un fondamento di civiltà, condizione di autentica libertà personale, di autonomia delle persone nella costruzione del proprio destino.
Il lavoro e la scuola sono stati il formidabile ascensore sociale che ha cambiato il Paese da quando è nata la Repubblica; e mantengono questo ruolo. Hanno costituito lo strumento di eguaglianza sociale più efficace dell’Italia repubblicana, hanno rappresentato e rappresentano il patrimonio di chi non ha ricchezze ma può disporre della propria intelligenza e laboriosità.

Senza lavoro rimane incompiuto il diritto stesso di cittadinanza, la dignità dell’individuo ne rimane mortificata, la solidarietà sociale e la stessa possibilità di sviluppo della società ne rimangono compromesse [...] La nostra Carta costituzionale riconosce il lavoro come bene sociale e pone alle istituzioni, a tutti i livelli, di compiere ogni sforzo per ampliare le opportunità occupazionali, per rimuovere le cause degli squilibri tra territori, per accrescere le conoscenze, le competenze, gli investimenti necessari a uno sviluppo sostenibile. Si tratta di un dovere pubblico a cui non ci si può sottrarre. Così come non può essere cancellato dalla Costituzione quel traguardo di piena occupazione, che resta una sfida costante, un obiettivo a cui tendere, utilizzando ogni possibile leva di intervento.

La difesa dei diritti ha una concretezza che può essere assicurata solo da una presenza costante, sul campo. Il lavoro non deve perdere il suo carattere di motore di dignità. Non possiamo tollerare forme di sfruttamento che rasentano la schiavitù. Non possiamo chiudere gli occhi davanti a condizioni inumane a cui vengono costretti talvolta i lavoratori più deboli, oggi soprattutto gli immigrati. Il lavoro deve essere, anche su questo versante, fattore di integrazione.La sicurezza sul lavoro è un altro pilastro di legalità. Laddove vengono utilizzati i sistemi più adeguati e le moderne misure anti-infortunistiche, i livelli di sicurezza sono cresciuti. Lavorare senza pericolo è non solo possibile, ma irrinunciabile. Tuttavia gli incidenti continuano, causando lutti, invalidità, sofferenze immani alle vittime e ai loro familiari. Non possiamo tollerare alcun evento mortale sul lavoro. [...] Ho appena consegnato le Stelle al merito alla memoria ai familiari di due caduti sul lavoro - Ilario Rifaldi e Alberto Pedon – con essi ricordiamo, con grande tristezza e rimpianto, tutti coloro che sul lavoro hanno perso la vita. ”

A prescindere dai convincimenti politici e religiosi di ciascuno, il lavoro stabile, dignitoso e, soprattutto, sicuro è pilastro della nostra Repubblica ed un diritto dovere di tutti noi.

Claudio Checcherini
RLS di DG