Se nello scorso mese di luglio, alla presentazione del XX Rapporto Annuale INPS , il Presidente, tra i vai argomenti affrontatati, ha disquisito sul ruolo dell’Istituto sia nel contesto della pandemia sia nel futuro sistema di protezione sociale verso la famiglia ed i soggetti deboli, oggi, con l’avvicinarsi del termine delle ferie estive, qualche zelante dirigente sul territorio, magari solerte a dimostrare, non si sa bene a chi, di essere “più realista del re”, sta cominciando a disporre il rientro in massa del personale in presenza fisica a fronte di un Istituto che, lo ricordiamo a qualche smemorato, non ha mai chiuso, avvalendosi di tutti gli strumenti offerti dalla tecnologia, gli sportelli al pubblico anche nel pieno della pandemia.
E mentre il Governo, come hanno, ufficialmente, denunciato le Confederazioni CGIL CISL UIL scrivendo al Ministro Orlando, ha dimenticato di rinnovare le misure economiche a favore di quanti sono impossibilitati a recarsi al lavoro perché assoggettati ad isolamento e quarantena per effetto del Covid-19, un sistema che ha funzionato ben oltre ogni più rosea aspettativa, lo smart working diventa oggetto di interpretazioni restrittive da parte di qualche solerte dirigente che evidentemente dimentica, o fa finta di dimenticare, che trattasi di attività lavorativa a tutti gli effetti. Un’ attività svolta con modalità differente dalla mera presenza fisica in ufficio, ma sempre attività lavorativa: un ritardo culturale, questo, sul quale l’Amministrazione farebbe bene ad intervenire con massicce dosi di formazione specifica.
Tutto ciò accade in maniera anacronistica in un contesto nel quale le varianti del Covid-19 stanno innalzando la curva dei contagi ben al di sopra dei livelli dello scorso anno di questi tempi.
Come più volte ribadito dalle scriventi organizzazioni sindacali, almeno per alcune categorie di lavoratori, sarebbe doveroso rispettare la normativa di riferimento, quanto meno per dare pari dignità e diritti a tutti i dipendenti rispetto alla legge.
Ci riferiamo all’art.42 bis del D. Lgs.151/2001 che prevede l’avvicinamento al nucleo familiare dei genitori con figli minori di tre anni ed ai caregiver che, in base all’art.33, c.5, della L. n.104/92, possono richiedere il trasferimento ad una sede di lavoro prossima al disabile da assistere.
Ci risulta, invece, che ad alcuni colleghi, in alcune direzioni regionali, continuano ad essere negati trasferimenti, telelavoro satellitare, smart working ed assegnazioni e, anzi, si richiamano in sede quando, per la produzione della sede alla quale afferiscono naturalmente, gli strumenti tecnologici ampiamente sperimentati permetterebbero di operare ovunque.
A cosa si devono le invasioni barbariche che si vedono in questo periodo dell’Istituto come in quelle del Basso Impero Romano? Che sia forse la crescente ambizione dei novelli Generali che reclamano un ruolo prevalente su quello altrui a dispetto delle proprie truppe? Che i futuri equilibri dell’Istituto si baseranno non sulle capacità manageriali ma sulla maggiore cattiveria espressa contro il proprio personale?
Non conta il benessere organizzativo, non conta il rispetto della norma, non conta il rispetto della persona e dei principi costituzionali in Istituto?
A dispetto delle affermazioni di facciata, quanto dovremo attendere affinché si ripristini, in questo campo, il rispetto della legalità in Istituto?
Roma, 25 agosto 2021
FP CGIL Matteo Ariano Antonella Trevisani |
CISL FP Paolo Scilinguo |
UIL PA Sergio Cervo |