La creazione di una Agenzia unica di vigilanza, in materia di lavoro e sicurezza sul lavoro, tesa non solo a coordinare l’attività ispettiva del Ministero del lavoro, dell’Inps e dell’Inail, ma ad individuare i campi di intervento, gli obiettivi da realizzare, la definizione di programmi operativi da attuare, la realizzazione di un’attività di intelligence di verifica amministrativa, sia a monte che a valle degli accessi ispettivi, richiederebbe un’organizzazione complessa in termini di risorse umane ed economiche ragguardevole, la cui istituzione non potrebbe che avvenire attraverso uno specifico emendamento al disegno di legge delega sul cosiddetto Jobs Act.
L’idea di accorpare, di razionalizzare le risorse per la realizzazione di una mission comune, seppure con specificità diverse in termini di obiettivi da raggiungere da parte dei singoli Enti e/o Amministrazioni attualmente operanti nella medesima area di intervento, è senza dubbio lodevole, anche se non nuova; la sua genesi trova fondamento nell’art. 7, comma 1, della legge n. 247/2007 che auspica il sorgere della grande Casa del Welfare, che di fatto rimane ancora un progetto inattuato, non essendo riuscita l’Amministrazione statale a riunificare neppure le strutture di vigilanza di Ministero, Inps e Inail. Questo è solo un esempio degli immani interventi legislativi tutt’ora inattuati e di cui si potrebbe ampiamente redigerne una lista corposa (vedasi ad esempio le sorti dell’Agenzia Nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro).
A questo punto ci si domanda ma è proprio necessario creare un nuovo Ente?, Ma è proprio indispensabile, in questo momento epocale di eliminazione del superfluo, del tagliare i rami secchi dell’inefficientismo pubblico, partorire un nuovo “elefante”. Sì, è vero, se l’ipotesi dell’istituzione dell’Agenzia del lavoro può, da un lato, sembrare l’epilogo di una maturazione legislativa volta a realizzare concretamente idee già oggetto di ampia discussione parlamentare, dall’altro non si può non evidenziare la sussistenza di non poche e rilevanti problematiche attuative di coerenza normativa e costituzionale.
Non entrando nel merito delle criticità di tipo costituzionale e/o legiferativa che si verrebbero a porre in essere, lasciando per l’appunto la materia di discussione a più alti livelli di studio e di approfondimento. Si potrebbe fornire degli spunti più pragmatici in materia, piuttosto che quelli di natura filosofica che porterebbero ad analisi di principio e di sistema, che in questo caso poco sarebbero d’aiuto alla valutazione di uno stato di fattibilità del progetto “un’ unica vigilanza previdenziale ed assistenziale“
Seppure si riuscisse a realizzare un’Agenzia/Ente di una tal portata si rischierebbe, comunque, di creare una scatola vuota di contenuti, qualora non si provvedesse contestualmente ad uniformare la disciplina contrattuale di tutto il personale ispettivo, e semmai anche di quello amministrativo e professionale che si dovesse eventualmente cooptare in questo nuovo “contenitore”; in questo momento si è in presenza di operatori incardinati in forme contrattuali del pubblico impiego completamente diversi, e non solo sul piano della gestione del rapporto lavorativo, ma ancor più dal punto di vista economico. Pertanto non ci si potrebbe limitare ad un accorpamento fisico delle strutture, ma dev’essere soprattutto contrattuale ai fini della disciplina del rapporto di lavoro degli operatori coinvolti.
L’istituzione di un nuovo Ente non deve rappresentare la panacea della disorganicità e della disomogeneità dell’azione di vigilanza degli attuali Enti/Amministrazioni operanti, deve essere considerato il momento di un passaggio culturale volto alla concentrazione degli sforzi organizzativi, gestionali, informativi, comunicativi, legali amministravi e giudiziali di chi opera in tale ambito. In conclusione se l’idea è buona, non necessariamente bisogna costituire un nuovo Ente per poterla perseguire. E’ necessario analizzare non solo gli elementi di criticità dell’attuale sistema di vigilanza, ma anche e soprattutto i punti di forza delle singole attività ispettive da un punto di vista gestionale, organizzativo, di sistema informativo e informatico adottato (software).Posto che sono gli stessi ambiti ministeriali ad intravedere lacci e lacciuoli in una direzione gestionale ed organizzativa in capo al Ministero, come fattore di debolezza almeno nella fase di coordinamento e in quella operativa, nonché nell’indicare nell’impostazione contrattuale disciplinante il rapporto di lavoro dei funzionari di vigilanza quello degli Enti Pubblici non Economici e il CCNI dell’INPS come quello di riferimento da seguire nell’eventualità della costituzione di un’Agenzia Unica della vigilanza. Perché non fare, allora, altri tipi di scelta?
In conclusione, dunque, a parere della scrivente Sigla, l’Agenzia unica può rappresentare una valida idea, ma con un incremento di costi ragguardevole, se si pensa che la stessa dovrà essere gestita da una nuova tecnocrazia, dalla nomina di nuovi organi collegiali, per non parlare dell’accorpamento di un numero di risorse umano che si aggirerebbe intorno alle 8.000-8.500 unità con l’applicabilità di un CCNL di Ente pubblico non economico o Agenzia fiscale, mentre con un operazione di accorpamento di tutti gli adempimenti amministrativi di preaccertamento, verifica amministrativa, verifica ispettiva, recupero del credito, attività legale amministrativo-giudiziale contro il solo accorpamento dei funzionari di vigilanza del Ministero del lavoro e dell’INAIL all’interno dell’INPS, ciò rappresenterebbe un risparmio economico non solo nel medio e nel lungo periodo, ma soprattutto immediatamente contestuale, visto che in questo caso riguarderebbe non più di 3.500 unità.
Cordiali saluti.
IL COORDINATORE GENERALE
UILPA-INPS
Sergio CERVO