Nonostante un tasso di popolazione vaccinata molto alto, la pandemia prosegue la sua corsa portandoci in una quarta ondata che, soltanto più lentamente, avanza in Italia come in gran parte d’Europa. Certo, il tasso di mortalità è molto più basso di un anno fa ma, ogni giorno, tanti italiani, troppi, non ce la fanno. Sicuramente l’abbassamento del livello di attenzione dovuto alla necessità della ripartenza delle attività economiche e la potenziale immunità sperata dall’inoculazione dei vaccini fornisce terreno fertile al virus per attecchire. Nel nostro Paese stiamo osservando il progressivo spostamento dell’attenzione dal tracciamento dei contatti (saltato anche nei periodi migliori) alla colpevolizzazione dei novax e dei tamponi come strumento di diagnosi e l’introduzione di green e super green pass che, visto l’andamento dei contagi delle ultime settimane, sembra essere un’arma spuntata, mentre le precauzioni usate finora (distanziamento e mascherine di protezione) sembrano saltate dalle scuole ai mezzi pubblici. Per tacere del fatto che, sulla base dei dati sulla durata della copertura vaccinale, molti vaccinati da cinque o sei mesi diventano untori al pari di altri.
Anche in tutti i nostri uffici sembra calare il livello di attenzione in maniera inversamente proporzionale alla ripresa dei casi di positività facendo emergere legittimo il dubbio che anche da noi si stiano creando dei focolai di infezione.
È ora di scelte coraggiose ancora permesse dalla norma sebbene il lavoro agile non sia più la normale modalità di lavoro: consentire più smart working a tutti i lavoratori che non necessariamente devono andare in presenza, effettuare degli screening periodici, su base volontaria e gratuita, tramite tamponi. Questa volta il coraggio fa rima con buon senso in attesa di un’immunità di gregge che sembra non arrivare mai.
A meno di non voler vedere ancora la nostra Intranet listata a lutto.
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