L'Amministrazione ha pubblicato il nuovo regolamento di disciplina dei Professionisti e dei Medici.

Diciamo subito che questo regolamento non ci piace perché da una parte l'Amministrazione ha forzato le norme del contratto collettivo e dall'altro ha cercato di delineare una figura ibrida di avvocato coordinatore-dirigente.

Già in sede di presentazione della bozza di regolamento, unitamente agli altri sindacati, avevamo sollevato perplessità sul testo presentato e ci eravamo detti disponibili a collaborare nella revisione della bozza stessa per arrivare ad un testo definitivo soddisfacente e rispettoso dell'Autonomia della categoria.

Purtroppo, ciò non è avvenuto e l'Amministrazione ha insistito su un testo criticabile per più versi.

Nonostante la legge preveda, all'articolo 55 comma 2 del decreto legislativo numero 165/ 2001, che la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni risulti definita dai contratti collettivi, l'Amministrazione ha introdotto ulteriori tipologie di infrazioni oltre quelle già previste dal contratto collettivo.

Condotte sanzionabili da un punto di vista disciplinare che prevedono in capo ai coordinatori funzioni para dirigenziali in violazione del principio di autonomia dei professionisti.

Tra le disposizioni più problematiche ricordiamo l'obbligo di attenersi agli indirizzi del coordinatore che non rientra tra le condotte sanzionabili previsti dall'articolo 34 del CCNL ed è in aperta violazione dell'autonomia professionale.

Al pari di quanto previsto a carico dei coordinatori di sovraintendere al corretto svolgimento dell'attività del personale, al rispetto delle norme dei codici di comportamento, alla vigilanza sull'osservanza delle disposizioni impartiti in materia di organizzazione di lavoro.

Altrettanto discutibile risulta l'inserimento tra i comportamenti sanzionabili della omessa comunicazione di eventuali provvedimenti disciplinari da parte dell'ordine professionale di appartenenza. Anche questa ipotesi non è prevista dal CCNL e si caratterizza per la gestione superficiale del testo visto il mancato coordinamento tra la condotta sanzionabile e la sanzione irrogabile dove nella prima si parla di provvedimento sanzionatorio e nella seconda di esercizio dell'azione disciplinare (come a tutti noto, cose ben diverse tra loro). 

Continuando nella confusione si imputano in capo ai Coordinatori Generali condotte tipiche dei dirigenti per cui anche i primi sono tenuti ad assicurare il rispetto del trattamento dati, sono tenuti a segnalare tempestivamente inosservanze e disfunzioni in materia di trasparenza e accesso all'attività amministrativa, di informazioni all'utenza, di autocertificazione, di protezione dagli infortuni, di sicurezza sul lavoro nonché di divieto di fumo. Tutte condotte che il contratto collettivo nazionale prevede a carico del dirigente e non del professionista.

Non resta che rammaricarsi per l'ennesima occasione perduta da parte dell'Amministrazione di rispettare l'autonomia dei professionisti (non si capisce perché i dirigenti possano scriversi il proprio regolamento di disciplina e gli avvocati no).

A ben vedere le cose sono poco chiare anche per i dirigenti quando si passa a sanzionare il mancato raggiungimento delle performance.

L’argomento è molto delicato e spiace rilevare come la cosa non sia stata trattata da nessuno nei vari incontri che si sono susseguiti a livello sindacale.

Il nuovo regolamento di disciplina, in aperto contrasto con le previsioni del CCNL, prevede come condotta rilevante disciplinarmente il mancato raggiungimento degli obiettivi di performance (arrivando al licenziamento nei casi più gravi) nonostante il CCNL abbia stabilito a chiare lettere all’art. 33 che:

a)        Per i dirigenti

“Per i dirigenti costituisce principio generale la distinzione tra le procedure ed i criteri di valutazione dei risultati e quelli relativi alla responsabilità disciplinare, anche per quanto riguarda gli esiti delle stesse. La responsabilità disciplinare attiene alla violazione degli obblighi di comportamento e resta distinta dalla responsabilità dirigenziale di cui all’art. 21 del D.Lgs. n. 165/2001, che invece riguarda il raggiungimento dei risultati in relazione ad obiettivi assegnati.”

b)        Per i professionisti

“Per i professionisti costituisce principio generale la distinzione tra i criteri di valutazione dell’attività professionale e quelli relativi alla responsabilità disciplinare. L’attività dei professionisti all’interno degli enti si svolge in conformità alle normative di legge e contrattuali ed alle regole deontologiche che disciplinano l’esercizio delle rispettive professioni.”

Per entrambe le categorie la contrattazione collettiva ha sancito la netta separazione tra gli obblighi di comportamento e i risultati dell’attività professionale prevedendo per questi ultimi la esclusione da ogni responsabilità disciplinare.

Senza contare il fatto che, ad onta della sbandierata autonomia professionale riconosciuta solo a seguito di estenuante contenzioso, l’Amministrazione sembra ignorarne il reale contenuto posto che per pacifica giurisprudenza agli avvocati vengono,  in spregio a tale requisito, imposti  obiettivi quantitativi di performance che per giurisprudenza pacifica non possono essere assegnati (vedi Consiglio di Stato decisione n.1296/2019 che ritiene illegittimi i provvedimenti che prevedano forme di valutazione dell'attività in termini di risultato riferite alle funzioni attinenti all'esercizio della professione forense).

Il regolamento presenta, infine, una grave lacuna laddove, in mancanza di disciplina transitoria, sembra sottoporre alle nuove regole anche comportamenti posti in essere sotto il vecchio regolamento (se così fosse le conseguenze sarebbero gravissime).

Ancora una volta si producono atti forieri di contenzioso in quanto non pienamente conformi al CCNL posto che, secondo quanto previsto dall'articolo 40 del decreto legislativo 165/2001, trattasi materia di regolamento adottato unilateralmente in materia di competenza della contrattazione collettiva.

Non resta che auspicare un ripensamento dalla parte dell'Amministrazione per un ritiro del provvedimento in modo da poterlo riscrivere insieme nel rispetto primario di quanto previsto dalla legge e dal CCNL e soprattutto del rispetto reciproco.

    UNAEP                                                                                    UIL PA - INPS

Oreste Manzi                                                                            Sergio Cervo

                                                                                                 Maria A. Tuminelli