Il nostro grafico quotidiano ci informa che, a prescindere da negazionisti, minimalisti, burocrati, giornalisti e ignoranti, il numero dei contagi continua a crescere in modo esponenziale e con essi, in maniera parimenti esponenziale, il numero dei ricoveri e dei decessi.
Il diritto alla salute è sancito nella nostra Costituzione e la legge stabilisce che ciò avvenga anche negli ambienti di lavoro. Ma se i mezzi pubblici sui quali si percorre il tragitto casa-lavoro non garantiscono il rispetto delle condizioni minime di sicurezza, il rischio dell’infortunio in itinere cresce e di questo rischio, i datori di lavoro sono consapevoli ed anche responsabili, qualora pretendano un inutile rientro in sede.
Il Codice dell’Amministrazione Digitale, risalente al 2005, dovrebbe permettere la dematerializzazione degli archivi e, ad onor del vero, in Istituto la maggior parte delle attività è ampiamente dematerializzata: dunque perché costringere a rientri in sede così massivi?
L’amministrazione si ostina a non voler adottare un sistema di gestione della sicurezza che standardizzi comportamenti e informazioni secondo la legge (il DL81/08 individua due standard ai quali suggerisce di adeguarsi) e dopo mesi trascorsi a reinventare la ruota per gestire i casi di potenziale contagio sprecando tempo, muove i primi passi verso un modo artigianale ma minimamente organizzato per aiutare a fare presto nella ricostruzione della rete dei contatti al quale vanno sensibilizzati tutti i colleghi (cfr. Hermes 3718). D’altro canto, si dispongono modalità di rientro che non vengono rispettate neanche dove sono stabilite (rapporto squadre di emergenza e presenze, compresenza di più persone nella medesima stanza di dimensioni ridotte, riuso di stanze altrui senza previa sanificazione, ecc.) facendo ricadere la responsabilità penale di un eventuale contagio su chi dispone un rientro più “spintaneo” che volontario magari corroborandolo con l’abbinamento di straordinario e buono pasto.
Nel frattempo, intorno a noi, gli ospedali stanno raggiungendo il limite della capienza, la Regione Campania ha chiuso le scuole generando nuove difficoltà soprattutto ai genitori di ragazzi minori di 14 anni (per cui confidiamo che si applichi in modo estensivo il messaggio Hermes 3633) e ridotto al massimo la presenza dei dipendenti pubblici sui posti di lavoro.
In Istituto, come nel romanzo di Manzoni, “v’è degli impedimenti”. Il matrimonio col futuro non s’ha da fare! Anzi. Spunterebbero le liste dei dipendenti cosiddetti “lavativi”: chissà se c’è anche la lista di tutti i colleghi che si sono collegati ben oltre l’orario normale per spirito di abnegazione? Siamo ben consci che il principio su cui si basa il lavoro agile è il raggiungimento dell’obiettivo e non la misurazione del marcatempo ma se l’amministrazione ha voluto il lavoro agile con regole blande, ora misuri (E PAGHI) anche chi, ed è la maggioranza, è stato collegato oltre l’orario canonico di 7 ore e 12 minuti.
Questa sigla sindacale, come prima azione connessa all’indizione dello stato di agitazione, invita i colleghi a segnalare con e-mail al proprio responsabile il malfunzionamento dei sistemi in caso di difficoltà di accesso (al fine di indicare il momento di inizio disponibilità al lavoro) e di interrompere il lavoro in modalità agile allo scadere delle 7 ore e 12 minuti della giornata lavorativa segnalando puntualmente tutti malfunzionamenti che riscontri astenendosi dal lavoro (ovviamente, se non previsto) nel week end ed oltre le ore 20.
È l’amministrazione che, per fatti concludenti, mortifica i tanti colleghi che si sono comportati come raccontato in questa lettera che riceviamo e pubblichiamo perché sintesi del pensiero comune:
“Probabilmente sarò l’ultimo dei 6351 ultrasessantenni citati nella vostra nota e Vi dirò che in smart working si sta, sì, a casa propria e si fa ciò che si desidera (diritto alla disconnessione) ma, se ti senti responsabile delle tue azioni e dei tuoi impegni verso il lavoro, verso gli altri che hanno bisogno e dell’Amministrazione stessa che ti dà il pane per sopravvivere, darai tutto, anche l’anima per tenerti aggiornato. Personalmente credo che molti dei miei colleghi che come me, a causa della pandemia, sono stati obbligati ad utilizzare questa nuova forma di attività, hanno lavorato con tenacia e abnegazione nei mesi di marzo, aprile e maggio fino a tarda notte oppure la mattina presto per cercare di carpire il collegamento con la Sede Centrale per poter lavorare in tutta tranquillità. Tra le altre cose, non è escluso che alcuni di noi si siano collegati anche di sabato, domenica e nei giorni di ferie perché in fin dei conti avere il lavoro a casa non è poi sempre così vantaggioso”.
Struttura di Coordinamento |
IL COORDINATORE GENERALE |
Tutela salute, sicurezza e ambiente |
UILPA-INPS |
UILPA-INPS |
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Claudio Checcherini |
Sergio Cervo |