Non più di 26 giorni fa spiegammo che l’accordo sul protocollo non andava bene nonostante avessimo messo il nostro massimo impegno per contribuire a redigerlo. Avevamo chiesto, tra gli altri, l’impegno dell’Amministrazione a costruire un sistema di gestione della salute e della sicurezza secondo la disposizione della legge, non a nostro piacimento. Lo chiedevamo perchériteniamo che la standardizzazione delle procedure e delle metodiche fossero garanzia di migliore tutela dei lavoratori dall’imprecisione e dall’incompetenza che caratterizza alcune sedi territoriali. Inutile ripetere le richieste in merito ai DPI, alla frequenza delle sanificazioni, agli impianti di condizionamento ed altro ancora.

E il Covid-19, in questi mesi, ci ha insegnato che gli errori si rischiano di pagare caro: chi con la vita, chi con le indagini della magistratura. All’indomani della commemorazione di Bergamo, facciamo nostro il monito del Presidente della Repubblica,Sergio Mattarella, a non nascondere la polvere sotto il tappeto. Gli errori, certamente accaduti, fanno parte della nostra storia e vanno soggetti a verifica non foss’altro per evitare di ripeterli. Ciò dovrebbe accadere anche in Istituto.

L’INPS nella fase acuta della pandemia ha assunto la missione quasi impossibile di essere l'unico punto di riferimento per l'erogazione di tutte le misure introdotte dai provvedimenti varati con urgenza dal Governo. Lo stress, in massima parte, è stato superato grazie all’impegno dei dipendenti che, in lavoro agile, hanno messo concretamente al centro dei loro interessi chi era in una situazione di bisogno e di fragilità che la crisi ha accentuato. 

Gli Stati Generali hanno evidenziato come la “salute e la sicurezza” siano diventate parole di dominio pubblico e spiegato che i datori di lavoro si devono adoperare per tutelare i propri dipendenti, a prescindere. Non è così, purtroppo, all’INPS. Quanto chiedemmo fu tacciato di inutilità in quanto, ci fu detto, sarebbe adatto ai dipendenti privati. Come se la salute dei dipendenti pubblici non contasse nulla. Ed infatti, ora si obbliga al rientro i dipendenti che, però, devono prestarsi volontariamente.

Avevamo espresso il dubbio che alcuni punti dell’accordo fossero il grimaldello per aprire subito gli sportelli al pubblico e fornire un capro espiatorio a chi non avesse ancora ricevuto le prestazioni richieste a causa di motivazioni indipendenti dalla volontà o dalla capacità operativa dei lavoratori. E questo sta accadendo.

Aprire gli sportelli al pubblico è un falso problema.Se i datori di lavoro ritengono che le sedi siano ambienti salubri per i singoli lavoratori e per l’attività di sportello da fare, lo facciano certificare al medico competente e se ne accollino la responsabilità.

Altrettanto accada per l’incolumità fisica dei dipendenti.

Altrimenti, dobbiamo dirlo, sotto il vestito non c’è ancora niente.

Struttura di Coordinamento Nazionale

IL COORDINATORE GENERALE

Tutela salute, sicurezza e ambiente

UILPA-INPS

UILPA-INPS

 

Claudio Checcherini

Sergio Cervo