Solo pochi giorni fa, in una orditura, moriva Luana D’Orazio colpendo l’opinione pubblica per la sua giovane età. Dopo di lei hanno avuto la ribalta della cronaca altri dieci lavoratori che hanno perso la vita per cause di lavoro e forse per non aver potuto scegliere tra sicurezza, dignità e lavoro.

Si è gridato allo scandalo ma i numeri di questa ultima settimana non sono molto differenti dalla media di quest’anno e dalla media degli scorsi anni se non per un fatto: le morti bianche sono addirittura in crescita. Se ne parla il 28 aprile, il primo maggio per rivendicare un lavoro dignitoso e sicuro e poi, complice la concorrenza o la ragione di servizio, torna tutto come prima finché una nuova tragedia si verifica e, si dirà, per causa fortuita e imprevedibile. Ma non è sempre così.

Il fenomeno, tristemente conosciuto, può essere affrontato soltanto in ottica cooperativa tra istituzioni, lavoratori e datori di lavoro.

Se la più recente riorganizzazione della normativa a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro risale al 2008, è solo con la pandemia che la materia ha guadagnato diritto di cittadinanza nel mercato del lavoro. Infatti, la pandemia ha insegnato ovunque i termini “salute e sicurezza” e anche il grande pubblico dei lavoratori ha cominciato a fare i conti con parole stranamente sconosciute (visti i corsi sulla salute e la sicurezza che frequentano obbligatoriamente) come “DVR” e “medico competente” rendendo evidente come il percorso per l’effettività e l’efficacia è ancora molto lungo. Occorre un deciso cambio di passo al fine di modificare la mentalità di datori di lavoro e lavoratori perché il costo degli infortuni e delle morti bianche, oltre a rappresentare delle tragedie per le famiglie dei lavoratori coinvolti, è spaventosamente elevato per la collettività. Le aziende che sono certificate in sicurezza secondo gli standard previsti dalla legge hanno ridotto, secondo uno studio Accredia-INAIL relativo al quadriennio 2012-2014, gli incidenti sul lavoro del 16% che in termini economici ammonterebbero a circa 300 milioni di euro.

E se il rischio di incidenti, nell’immaginario collettivo, è quello dei cantieri edili o delle fabbriche, anche il lavoro impiegatizio del terziario ha i propri rischi e necessita di adeguate attenzioni. Ammesso che alcuni rischi possono derivare da interferenze tra lavoratori di aziende differenti che insistono negli stessi ambienti di lavoro per operazioni di manutenzione o pulizia ad esempio, molto più frequente è il rischio da stress lavoro correlato indotto da ritmi di lavoro crescenti o modalità di lavoro innovative che di innovativo hanno soprattutto la destrutturazione e la precarietà del rapporto di lavoro. Analogamente agli infortuni sul lavoro, lo stress lavoro correlato è una delle cause della perdita di produttività dei lavoratori del terziario.

Si diceva prima che fosse necessaria la cooperazione tra tutti gli attori del lavoro.

E se i datori di lavoro non certificano in sicurezza la propria azienda e continuano a considerare la sicurezza un costo e non un’opportunità, anche la politica deve fare la sua parte.

In Senato, dal 2019, è stata istituita una commissione di inchiesta sulla sicurezza, lo sfruttamento e le condizioni di lavoro che, a prescindere dalla pandemia, non ha ancora trovato il tempo per la sua prima riunione (ad onor del vero, la prima riunione è stata convocata per il prossimo 12 maggio forse in seguito agli eventi alla ribalta).

Analogamente, le ispezioni sui luoghi di lavoro sono sempre in numero inferiore a seguito della sciagurata scelta del governo Renzi, nel 2015, di istituire l’INL inglobando i corpi ispettivi di INPS, INAIL e ministero del lavoro e non rimpiazzare il già esiguo numero degli ispettori che, pian piano, raggiungevano i limiti di età. A ben guardare, tale scelta ha portato anche alla rinuncia ad accertamenti di irregolarità anche sul piano contributivo, assicurativo e previdenziale. È evidente come l’incremento della possibilità di farla franca da parte di imprenditori disonesti possa favorire la tentazione di lucrare anche sulla sicurezza dei lavoratori e sulla loro pelle.

      Struttura di Coordinamento

Tutela salute, sicurezza e ambiente

                                                                                          

IL COORDINATORE GENERALE
                 UILPA-INPS

UILPA-INPS

 

                Sergio Cervo                 

            Claudio Checcherini